Tabarca, dal 1541 al 1741
Prima che venisse collegata alla terraferma attraverso la striscia di terra che ne ha fatto una penisola, Tabarca era un minuscolo cono che emergeva dal Mediterraneo tra Bona e Biserta, e che si estendeva per seicento metri da nord a sud, e quattrocento da est a ovest. I pegliesi, ora tabarchini, costruirono il castello e la cinta muraria, che, rafforzata da numerosi bastioni e torri, cingeva in gran parte quest’isola piuttosto brulla, che acquistava frutta, farina, carne, cuoio, sughero, miele e lana dalle fertili pianure della Crumiria e della Cabilia. Poiché la prosperità di Tabarca arrivava dal mare, i Lomellini, per poter convivere pacificamente con le popolazioni limitrofe, pagavano un tributo annuo alle reggenze di Tunisi e Algeri. Ma, dopo due secoli, nel Settecento, il declino della esperto addetto al commercio e al traffico navale del porto, sovrintendeva all’amministrazione. La chiesa, l’ospedale, i mulini e i cantieri servivano una popolazione composta da fabbri, maestri d’ascia, armaioli, calafati, bottai, falegnami, fornai, chirurghi e interpreti. Un parroco e due sacerdoti, coordinati dal vescovo di Tunisi, si occupavano del conforto spirituale degli isolani; mentre la milizia era composta da cinquanta soldati e comandata da un tenente, che rispondeva direttamente al governatore. A Tabarca veniva coniata una moneta propria, che a Genova era accettata alla pari. potenza di Genova, l’impoverimento dei banchi corallini e l’aumento della popolazione, che contava ormai duemila persone, li indussero a vietare i matrimoni sull’isola, prima; e a volerla cedere alla Spagna, poi. Venuti a conoscenza che il nuovo re di Sardegna, Carlo Emanuele III di Savoia, per rendere più forte il territorio sardo, desiderava popolarne le coste deserte, offrendole a colonie capaci di fortificarle, i maggiorenti tabarchini, capeggiati dal patriarca Agostino Tagliafico, scelsero come nuova destinazione l’isola di San Pietro; designarono don Bernardino Genovès Cervellon, marchese della Guardia, conte di Cuglieri e Scano quale feudatario della colonia; e firmarono l’atto di infeudazione nel 1737. E così, l’anno dopo, partì da Tabarca il primo gruppo di circa trecentottanta persone.
La colonia ligure a Tabarca
I Lomellini, signori della cittadina ligure di Pegli, avendo ottenuto in concessione da Carlo V, re di Spagna, le coste tunisine per la pesca del corallo, vi inviarono alcune famiglie di pegliesi, che si stanziarono sull’isolotto di Tabarca a partire dal 1541. I marinai, provenienti dai rioni Fossato, Multedo e Val Varenna, fortificarono l’isola a proprie spese, versando annualmente al re un quinto del corallo pescato. In poco tempo, si instaurò a Tabarca uno dei migliori esempi di organizzazione politicomilitare-amministrativa. Un governatore, nominato dai Lomellini e affiancato da personale Tabarca, dal 1541 al 1741 Prima che venisse collegata alla terraferma attraverso la striscia di terra che ne ha fatto una penisola, Tabarca era un minuscolo cono che emergeva dal Mediterraneo tra Bona e Biserta, e che si estendeva per seicento metri da nord a sud, e quattrocento da est a ovest. I pegliesi, ora tabarchini, costruirono il castello e la cinta muraria, che, rafforzata da numerosi bastioni e torri, cingeva in gran parte quest’isola piuttosto brulla, che acquistava frutta, farina, carne, cuoio, sughero, miele e lana dalle fertili pianure della Crumiria e della Cabilia. Poiché la prosperità di Tabarca arrivava dal mare, i Lomellini, per poter convivere pacificamente con le popolazioni limitrofe, pagavano un tributo annuo alle reggenze di Tunisi e Algeri. Ma, dopo due secoli, nel Settecento, il declino della esperto addetto al commercio e al traffico navale del porto, sovrintendeva all’amministrazione. La chiesa, l’ospedale, i mulini e i cantieri servivano una popolazione composta da fabbri, maestri d’ascia, armaioli, calafati, bottai, falegnami, fornai, chirurghi e interpreti. Un parroco e due sacerdoti, coordinati dal vescovo di Tunisi, si occupavano del conforto spirituale degli isolani; mentre la milizia era composta da cinquanta soldati e comandata da un tenente, che rispondeva direttamente al governatore. A Tabarca veniva coniata una moneta propria, che a Genova era accettata alla pari.
- agosto 28, 2018
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- Storia di Carloforte
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