Le saline di Carloforte
Tra le tradizionali attività economiche carlofortine, la produzione e la raccolta del sale risale ai primi tempi della colonizzazione dell’isola.
Oggi le Saline non rappresentano solo un impianto di produzione di sale marino, ma una riserva naturalistica di grande interesse.
DI NICOLO CAPRIATA
Le origini
La lavorazione del sale ha sempre rivestito un ruolo di primo piano nella vita della comunità isolana. Gli abitanti di Carloforte hanno così potuto avere anche un tornaconto economico da questa attività, la quale si è radicata così profondamente nell’esistenza della popolazione che ancora si raccontano aneddoti ed episodi curiosi i quali, assieme alla terminologia delle fasi lavorative e degli utensili, sono entrati a far parte del linguaggio e delle tradizioni locali.
Le prime notizie relative all’attività saliniera risalgono addirittura al periodo della presenza fenicia sull’isola. Le Saline attuali di Carloforte nacquero invece assieme alla fondazione della cittadina.
L’idea di farle costruire venne già ad Agostino Tagliafico, maggiorente di Tabarca, quando, nella primavera del 1737, esplorò San Pietro con l’intento di trasferire la sua gente dall’isoletta tunisina a quella sulcitana. Inizialmente, e per molto tempo, la produzione del sale venne effettuata con metodi primordiali. Uno sfruttamento moderno e
più razionale si ebbe solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. La campagna salifera durava all’incirca sei mesi e consisteva nei lavori di preparazione, svolti in primavera da tre, o al massimo quattro, salinari, e nell’estrazione vera e propria, tra agosto e settembre. A questa fase della campagna prendevano parte i giornalieri, che avevano il compito di rastrellare il sale dalle camere salanti e di ammassarlo in cumuli di un metro cubo circa.
Partecipavano all’attività anche parecchie altre persone, di età ed estrazione varia, con la mansione di trasportare il sale dalle caselle di produzione fino ai bordi del canale della salina. Il lavoro era massacrante e, per di più, retribuito a cottimo, ma rappresentava per molti un’entrata sicura e, per i giovani e gli studenti, il primo guadagno.
Nei bacini salanti il sale veniva posto nei cadin, ceste di cannicci che contenevano fino a venticinque chili, trasportate a spalla dagli uomini ai margini della salina, dove il sale veniva ammassato in muntuin, enormi cumuli a forma di piramide a base rettangolare e dal peso di parecchie tonnellate.
Per ogni viaggio effettuato, al trasportatore veniva consegnata una “cartella”, sorta di gettone di rame forato, che gli uomini conservavano infilato in uno spago appeso alla cintura o a un passante dei pantaloni. La paga era proporzionale al numero di cartelle messe da parte, e quindi a quello dei cadin trasportati.
Non mancavano, da parte dei giovani, espedienti per faticare meno (ampiamente giustificati, dato il lavoro estenuante), come quello di recarsi prestissimo al lavoro per scegliersi le ceste meno capienti.
Tempi moderni
Verso la fine degli anni Cinquanta, il trasporto del sale all’interno delle Saline venne meccanizzato, e vennero così a mancare la richiesta di manodopera stagionale e le vicende, spesso colorite, che quasi quotidianamente vi accadevano.
Oggi le Saline di Carloforte non sono più in produzione. La gestione è passata dallo Stato alla Regione Autonoma della Sardegna, che, a sua volta, l’ha ceduta in comodato d’uso al Comune di Carloforte, che intende valorizzarle sotto diversi aspetti: produttivo, ambientale e storico-antropologico.
L’idea è quella di arrivare a una piccola produzione di sale per mantenere in equilibrio
idrico gli stagni e le caselle salanti, e tutelare l’habitat di questa zona umida, in cui s’incontrano tantissime specie di uccelli stanziali e migratori, come il fenicottero rosa, l’airone cenerino, il piro-piro, il martin pescatore, la garzetta, il cavaliere d’Italia, la volpoca, l’avocetta, la pettegola, il totano moro, la pantana, l’airone bianco maggiore.
Il progetto si propone anche di creare, a partire dalla conservazione dei vecchi macchinari, un percorso museale.
- gennaio 14, 2019
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